Παν είναι αριθμός, ”tutto è numero” era il motto dei Pitagorici. E per numeri si intendevano quelli interi, i numeri naturali, quelli che servono per contare, per mettere in ordine.

Disintossicato dal Continuo e dall'Infinito, lasciatemi alle spalle le teorie di Cantor e la filosofia di Parmenide, voglio assaporare il Discreto, godere del Finito. Voglio elencare, numerare, mettere in ordine.

E mettere le cose in rapporto con i numeri finalmente mi da pace.

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lunedì 16 febbraio 2015

L’influenza dell’Italia sull’arte di M.C. Escher


Il primo contatto con l’Italia avvenne nel marzo 1921. Insieme ai suoi genitori, Escher intraprese quell’anno un viaggio di 20 giorni lungo le coste del Mediterraneo, percorrendo prima il sud della Francia e quindi costeggiando la Côte d’Azur fino alla Liguria. Escher all’epoca aveva 22 anni ed era ancora studente alla scuola di architettura ed arti decorative di Haarlem sotto la guida di Jesserun de Mesquita, uno dei più importanti esponenti dell’Art Noveau olandese.
Escher scrisse al suo amico Jan van der Does di non essere particolarmente impressionato dal paesaggio mediterraneo: “all’inizio sembra tutto travolgente ma dopo una settimana tutto diventa ordinario.” [1].
L’anno dopo Escher ultimò i suoi studi ed iniziò la sua attività di incisore ad Haarlem; l’impatto con la vita lavorativa non fu dei migliori e presto arrivarono le prime delusioni. I suoi lavori non trovarono grande accoglienza così che, alla ricerca di nuova ispirazione decise, sulle orme dei grandi artisti mitteleuropei dell’ottocento, di intraprendere con due amici, il Gran Tour, un viaggio in Italia, visitando le regioni centro-settentrionali. Fu particolarmente colpito dalla campagna e dalle città della Toscana, in particolare da San Gimignano e Siena. Ricordandosi del viaggio in calesse alla volta di San Gimignano scrisse: “while the 17 towers of San Gimignano drew nearer and nearer. It was like a dream, witch could not possible be real”[2].
Innamoratosi dell’Italia, del suo paesaggio, della sua natura, della sua arte antica Escher venne in contatto anche con l’arte contemporanea italiana visitando la Biennale di Venezia dove quell’anno era rappresentata la prima retrospettiva di Modigliani.
Tornato in Olanda non riuscì a trovare pace e pochi mesi dopo nell’autunno del 1922, dopo un viaggio in Spagna, tornò in Italia fermandosi a Genova, Pisa, Roma e si spinse per la prima volta nel meridione sulla costiera Amalfitana, dove nel 1923 conoscerà la sua futura moglie Jetta Umiker, figlia di un industriale svizzero.
L’Italia ebbe un effetto positivo sul carattere introverso e malinconico di Escher tanto che nel 1923, dopo il matrimonio con Jetta a Viareggio, si stabilì a Roma.
In quel periodo si confronta con diversi movimenti artistici dei primi del novecento. Lo sviluppo di nuove teorie scientifiche, anticonvenzionali e anti intuitive come la teoria della relatività e la meccanica quantistica, avevano messo in discussione la visione euclidea dello spazio che era alla base delle leggi della prospettiva scientifica. Primo fra tutti il cubismo andava affermando che nessuna rappresentazione del vero, nessun disegno né quadro poteva competere con la realtà e che quindi tanto vale sfruttare le possibilità della rappresentazione bidimensionale sul foglio o sulla tela per sperimentare la simultaneità dei punti di vista e la mutazione delle immagini.  Sulla stessa scia si muovevano anche i movimenti artistici come le avanguardie divisioniste, simboliste e futuriste.
Escher fu introdotto nell’ambiente romano dal suo amico ed estimatore Goedfridus, Johannes Hoogewerff, direttore dell’istituto storico olandese dal 1924, che lo spinse a seguire le lezioni di storia dell’arte di Adolfo Venturini all’Università “La Sapienza” di Roma che lo spinse ad approfondire e ampliare la sua conoscenza sulla grafica antica e di trovare nuovi stimoli dall’esperienza diretta di opere d’arte e di architettura sparse nella capitale italiana.
Escher era affascinato dall’architettura medievale, molto presente negli antichi borghi italiani e aveva una predilezione per Borromini, a cui si sentiva spiritualmente affine [3].
fig.1 Giacomo Balla,
Mano di Violinista, 1912
Hoogewerff mise in contatto Escher con il Gruppo Romano Aristi Incisori, la cui sede era a palazzo Venezia a Roma, dove nel 1926 Federico Hermaninn, che era il fondatore del gruppo, organizzò per Escher una mostra personale.
Escher venne inoltre in contatto con l’ambiente artistico italiano attraverso l’amicizia con Haas Triverio, un artista grafico svizzero, che aveva conosciuto a Siena. Triverio che viveva a Roma da più di dieci anni, lo introdusse nell’ambiente artistico che si era formato intorno alla rivista “L’Eroica”.  Qui Escher conobbe lo scultore e incisore Publio Morbiducci, gli incisori Bruno da Osimo, Dario Neri e Lorenzo Viani[4]. In questo contesto ebbe modo di ulteriormente approfondire sia i linguaggi artistici del passato e di aprirsi a quelli a lui contemporanei.  Possono infatti essere notate influenze divisioniste nella sua opera grafica di quel periodo: in modo particolare in incisioni come Rossano, Morano, Chiostro di Monreale. Anche nella serie dei Notturnali Romani le immagini scaturiscono dal sapiente uso di motivi ricorrenti, linee o brevi trattini ortogonali, che ricordano le tecniche divisioniste.
fig 2 Giacomo Balla,
Compenetrazione Iridescente, 1912
Escher venne certamente in contatto con il nascente movimento futurista come si nota nell’incisione Vuurslag, L’Acciarino, numero X della serie Emblemata, dove il movimento delle mani, che si industriano a provocare le scintille sfregando la pietra focaia, appare così frenetico da ricordare quello di Mano del Violinista (Londra, Tate Gallery) dipinta nel 1912 da Giacomo Balla (fig.1). Fu molto probabilmente attraverso il suo amico Triverio, che esponeva nelle mostre dei Sindacati Regionali Fascisti, che Escher ebbe modo di vedere l’opera di Giacomo Balla che era considerato l'artista del fascismo per eccellenza, apprezzatissimo dalla critica di regime. Il gusto delle suddivisioni geometriche nella serie delle “Compenetrazione iridescente” del 1912 (fig.2), che segnano il passaggio di Balla dal divisionismo al futurismo, può aver contribuito a fare rafforzare in Escher quella vena geometrica già espressa in opere come la xilografia Beauty, del 1921 realizzata per illustrare il libretto Flor de Pascua, scritto dal suo amico Aad van Stockl, che prelude insieme ad altre opere come Scapegoat e Otto Teste, alla fase dell’analisi geometrica delle possibilità del riempimento del piano. Escher iniziò ad analizzare metodi per tassellare il piano già durante il periodo romano, sperimentando con tasselli di figure animate e realizzando diversi arazzi colorati. 
fig. 3 Gherardo Dottori,
Aurora Umbra, 1923

Un altro parallelo tra il linguaggio futurista e il modo in cui a Escher piaceva usare la prospettiva può essere intravisto in alcune opere come Scilla o Fiumara di Stilo. Queste sono ritratte dall’alto com’era in voga in una declinazione dello stile futurista codificato nel Manifesto dell'Aeropittura, redatto nel 1929 da esponenti del movimento futurista tra cui Marinetti, Balla, Depero, Dottori[5]. Soprattutto in opere di quest’ultimo, come Aurora umbra, 1923 (Museo del Novecento, Milano) (fig. 3),oppure Aurora sul Golfo, 1935 (Consiglio regionale dell’Umbria, Perugia) (fig. 4) i paralleli, legati all’uso della prospettiva aerea, sono evidenti. Un altro riferimento diretto all’Areopittura si trova nell’incisone Aeroplane above a Snowy Landscape del 1934 che Escher fece per illustrare la copertina della edizione invernale della rivista Timotheus. Questa immagine fu usata da Escher successivamente come base per Night and Day del febbraio del 1938, la prima stampa concettuale basata sulle tassellature.
fig. 4 Gherardo Dottori,
Aurora sul Golfo, 1923

Quest’opera esemplifica quanto Marinetti aveva affermato circa la nuova visone della realtà terrestre, trasfigurata dalla visione dall’alto, nella quale i campi arati, le montagne, il laghi, le strade si trasformano in altrettante linee astratte e figure geometriche contigue[5]. Del resto l’uso di un impianto prospettico con il punto di fuga al Nadir era già stato usato in San Pietro del 1935, commissionata da Hoogewerff a Escher, e prima ancora in Torre di Babele nel 1928. L’uso della  prospettiva dall’alto da sempre attrae Escher, difatti durante i suoi viaggi nei periodi primaverili per le regioni d’Italia, accompagnato dal suo amico Triverio, spesso si soffermava sui bordi di un precipizio, laddove lo sguardo poteva spaziare senza limiti che non fosse l’orizzonte. Per un nordico, abituato alla visione di un orizzonte basso, ampio e lineare, le ripide e scoscese montagne della dorsale appenninica, i paesini di pietra arroccati sulle colline della Calabria, le coste altissime a picco sul mare della penisola amalfitana esercitavano un fascino irresistibile. Molto probabilmente aveva potuto vedere durante i suoi studi con Adolfo Venturini i trattati prospettici rinascimentali, dove a titolo esemplificativo spesso erano illustrate prospettive con il punto di fuga al Nadir o allo Zenith.  
fig. 5 Franceso Borromini,
Scalone a Palazzo Borromini, Roma 

Anche se non particolarmente attratto dall’architettura barocca, Escher fu certamente sollecitato, nel dedicarsi a queste prospettive insolite, dalle opere del architetto che lui preferito, Francesco Borromini, come lo scalone di palazzo Barberini. (fig. 5) Anche un altro artista italiano, il veneziano Giovanni Battista Piranesi vissuto nella Roma del 700, influenzò in Escher lo sviluppo dell’approccio alla prospettiva. Escher, pur non nominandolo mai direttamente, conosceva Giovanni Battista Piranesi. Ne è conferma l’ampia biografia redatta da Wim Hazeu[6], nella quale si ricorda che alcune stampe di Piranesi, acquistate a Roma, avevano un posto d’onore nello studio dell’artista a Chateau d’Oex in Svizzera, dove Escher si era trasferito nel 1935. Escher inoltre avrebbe potuto conoscere in maniera approfondita le stampe di Piranesi attraverso la monografia che Federico Hermanin dedicò all’artista nel 1923 dove era rappresentata la celebre serie delle Carceri d’invenzione, edita nel 1761. Il turbinio di scale e le prospettive audaci lasciarono certamente un segno nella modalitá con cui Escher affronterà la prospettiva. Una particolare menzione merita la tavola XIV delle Carceri, Capriccio di Scale e 
fig. 6 Giovanni Battista Piranesi,
Carceri d'Invenzioni, tavola XIV, 1761

Capriate (fig.6). In questa incisione Piranesi con un abile gioco prospettico unisce due muri, che si trovano su due piani diversi, con un arco parallelo a ciascuno dei due muri, creando così una costruzione impossibile. Questa costruzione può essere considerata un precursore del triangolo di Penrose, usato con grade maestria da Escher in due dei suoi capolavori del periodo della maturità Belvedere del 1958 e Waterfall del 1961.
Non si sa se Escher notò la costruzione impossibile, certo sarebbe un’incredibile coincidenza se Escher, che diventerà il maestro incontrastato delle architetture paradossali e impossibili, non avesse notato quello che può essere considerato uno dei primi edifici impossibili raffigurati nella storia dell’arte[7].

Escher lasciò l’Italia nel 1936, a causa del clima politico sfavorevole dovuto all’inasprimento del fascismo, stabilendosi in Svizzera. Prima di partire l’istituto Olandese organizzò una sua ultima mostra. Questa fu recensita dall’”Osservatore romano”, il quotidiano della Santa Sede con queste parole: “A vero dire Escher è una vecchia conoscenza per chi frequenta il mondo artistico romano. Chi non conosce quell’alto biondo pittore olandese, che beve il sole con gli occhi…A forza di vivere in Italia non è più l’olandese fantastico e pur analitico di quando illustrava libri di leggende nordiche.[8]
Escher lascia l’Italia con un bagaglio di esperienze che ha influenzato in maniera decisiva il suo percorso artistico. Egli non era uno sprovveduto in fatto di arte e il soggiorno italiano non passò su di lui senza lasciare traccia, facendogli assorbire, attraverso un’elaborazione del tutto personale, i diversi linguaggi che durante i primi del novecento si andavano sviluppando in Italia e nel mondo. Sia gli antichi maestri italiani che olandesi, sia i movimenti artistici dei primi del novecento come l’art noveau, il divisionismo, il futurismo fino al simbolismo plasmarono durante il soggiorno italiano il suo linguaggio pittorico. Escher era un uomo dei suoi tempi, e anche se quello che successe alla sua espressione artistica dopo il 1937 può essere considerato un unicum nella storia dell’arte, il suo linguaggio pittorico ha forti radici nel contesto culturale del suo tempo in un intreccio continuo tra correnti artistiche contemporanee e la memoria storica dei grandi maestri del passato.
Nel 1937 Escher intraprese un viaggio con una motonave della compagnia Adria che lo porterà per un’ultima volta lungo le coste del Mediterraneo. Toccherà la Sicilia, Malta e in particolare Granada in Spagna, dove era già stato nel 1922 poco prima che si stabilisse permanentemente in Italia. Qui, come aveva già fatto nel 1922, visitò l’Alhambra dove studiò, questa volta in maniera più approfondita, le tassellature moresche che ne decoravano le pareti. Questa visita, oltre a suggellare la chiusura di un ciclo della sua vita, innescò in maniera definitiva il suo linguaggio espressivo: lo studio sistematico del riempimento regolare del piano che caratterizzerà l’opera di Escher dopo l’illuminazione sulla strada dell’Alhambra. Se si prescinde da un periodo di transizione, durante il quale continuerà a produrre incisioni con paesaggi e edifici, Escher iniziò a usare le tassellature come base per le sue opere. Queste erano raccolte in diversi quaderni, contenenti 137 motivi base di tassellature, diligentemente catalogati secondo un suo originale schema logico[9].
fig. 7 M.C Escher,
Savona, disegno 1936
Nel 1941, a causa della guerra in Europa, Escher, che nel frattempo si era trasferito in Belgio, tornò nella natia Olanda stabilendosi nel paese di Baarn. Abbandona il paesaggio che non lo ispira più e si rivolse a strutture mentali interiori. In un primo momento l’ispirazione scaturiva principalmente dalle tassellature e le loro trasformazioni metamorfiche. In una seconda fase, dal contatto con la comunità dei matematici, avvenuto in occasione della sua mostra, in concomitanza con il congresso internazionale mondiale di matematica ad Amsterdam del 1954, inizia una proficua collaborazione con alcuni di essi. Queste frequentazioni dirette ed epistolari provocarono nuovi motivi d’ispirazione come le strutture impossibili rivelategli da Roger Penrose[10] o le proiezioni del piano infinito sul disco di Poincarè, stimolate da Harold Coexter[11]. A contorno di questi nuovi temi, sia per l’uso di elementi figurativi che per l’ambientazione paesaggistica, Escher ricorrerà alla memoria, ai ricordi e ai molteplici disegni realizzati durante i viaggi in Italia e lungo le coste del Mediterraneo. Primi esempi di fusione di elementi paesaggistici con elementi figurativi estranei al paesaggio stesso, si trovano in due incisioni di chiara influenza surrealista. La prima è Still Live with Mirror del 1934, una natura morta con una toeletta da camera con relativi oggetti personali, il cui specchio riflette, in maniera paradossale un vicolo della città di Siena. La seconda è Still Life with Street del 1937 nella quale Escher, ormai lontano dall’Italia, rappresenta una natura morta con diversi oggetti posti su un tavolo tra cui anche alcuni libri che si appoggiano direttamente ai palazzi di una veduta cittadina, con il tavolo che si confonde con la strada. Escher riprende l’immagine della strada da un disegno da lui fatto a Savona nel giugno del 1936 (fig.7).
fig. 8 M.C Escher,
Tropea, disegno 1930
Il riferimento all’uso del paesaggio italiano è evidente in Cycle, in cui l’elemento principale è una tassellatura del piano che si collega, attraverso un processo di trasformazione, a una realtà ormai presente nei suoi ricordi. La tassellatura è la 21ma del suo personale catalogo, realizzata nel 1938 a Ukkel in Belgio. L’architettura che fa da contorno alla metamorfosi del tassello che si immerge nel piano privo di spazi vuoti, s’ispira alle tipiche case della costiera Amalfitana già rappresentate in incisioni come Houses of Positano del 1934 mentre il paesaggio, che dietro le case sfuma verso l’orizzonte, è ripreso da Fiumara di Stilo stampa realizzata in seguito al suo viaggio in Calabria nel 1930.
Legato ai suoi ricordi italiani è anche Another World, dove è rappresentato il Simorgh, uccello mitologico della religione mazdaica che fu regalato a Jetta dal padre, di ritorno da un viaggio in Baku in Azerbaijan. Escher lo teneva in bella vista sul tavolino nel salotto della sua casa in via Poerio a Roma e ne aveva fatto diversi disegni, usati poi anche per l’incisione Still Life with Spherical Mirror del 1934.
Riferimenti all’Italia sono molteplici e compaiono in molte delle sue opere concettuali.
fig. 9 Luca Pacioli,
Solidi Platonici, Dodecaedro
In Reptile del 1943 la pianta in primo piano a sinistra è un’agave, pianta tipica dell’Italia meridionale, disegnata a Tropea in Calabria nel 1930 (fig.8). In Up and Down del 1947, oltre all’arco bicolore tipico dell’architettura mediterranea s’intravede una palma e in secondo piano le case di Calvi in Corsica disegnate nel 1933.
In Stars la costruzione dei solidi geometrici ricalca il modo in cui Leonardo da Vinci o Luca Pacioli rappresentavano i solidi regolari (fig.9).
Puddle, una stampa che Escher realizzò dopo aver osservato le pozzanghere camminando nelle campagne intorno a Baarn, a prima vista sembrerebbe esente da riferimenti italiani, ma gli alberi che si specchiano nell’acqua della pozzanghera sono presi in prestito dall’incisione Pineta a Calvi del 1933.
In Cubic Space Division del 1952, Escher s’ispira alle costruzioni reticolari del rinascimento italiano, molto probabilmente a un fregio della pavimentazione del Duomo di Siena[12], visitato più volte durante i suoi soggiorni nella città toscana (fig.10).
Le case arroccate di Tetrahedral Planetoid del 1954 assomigliano a quelle di Goriano Sicoli e di Morano.
fig. 10 Fregio della pavimentazione
 del Duomo di Siena
Le incisioni Print gallery del 1956 e Balcony del 1945 sono tutte e due derivate da schizzi fatti durante l’ultimo viaggio nel mediterraneo nel 1936 durante una sosta nel porto di Senglea a Malta da cui ricavò anche la litografia omonima.
In Belvedere del 1958 i riferimenti all’Italia sono molteplici. Innanzitutto il paesaggio ripreso da un disegno del paese di Pettorano affacciato sulla valle del Gizio, eseguito durante uno dei suoi viaggi nell’appennino abruzzese. L’architettura dell’edificio si ispira alla loggia presente in The Bridge, litografia realizzata da Escher nel 1929 dopo un viaggio, in compagnia del suo amico Haas Triverio nelle montagne Abruzzesi. Escher, di solito molto meticoloso, non segnò sul disegno il nome del luogo. Il ponte raffigurato in questa incisione è una costruzione quasi irreale che nessuno conosceva e faceva pensare a una composizione di fantasia o alla combinazione di più vedute prese da disegni diversi. Infatti Escher, nella realizzazione delle incisioni, non seguiva sempre con fedeltà gli schizzi realizzati sul luogo e spesso usava per un’incisone più disegni. 
fig. 11 M.C Escher,
Pentedattilo, disegno 1930
Ne è un esempio Dream dell’aprile 1935 nella quale Escher unisce tre disegni realizzati durante i suoi viaggi nel sud dell’Italia: una mantide religiosa disegnata a Pentedattilo nel 1930 (fig.11), gli archi della Chiesa dell’Ospedale di Ravello disegnati nel 1923 ed un disegno di sarcofago disegnato in data non nota. 
L’ultimo riferimento esplicito all’Italia si trova in Waterfall del 1961, in cui l’architettura è sempre quella tipica della costiera amalfitana con le case dal tipico tetto a cupola mentre il paesaggio che fa da sfondo è ripreso da alcuni schizzi dell’aprile 1925 raffiguranti i terrazzamenti nell’entroterra di Ravello.
Escher mori nel 1972. In tutti questi anni, a partire dal 1936, pur intraprendendo lunghi viaggi negli Stati Uniti e in Canada, non tornò mai più in Italia. Forse voleva che le immagini di quei paesaggi restassero ancorati ai ricordi di quello che certamente fu il periodo più bello della sua vita. Sulla porta dell’armadio del suo studio, dove teneva stipati, con funzione di memoria fisica, i disegni di quel periodo felice, erano collocate, fermate con puntine da disegno, immagini di cose a lui care: i figli, il suo maestro Jesserun de Mesquita, Anna Frank, un Buddha, una Madonna. In cima capeggiava una grande fotografia di Ravello, sulla costa Amalfitana, il luogo che Escher ha certamente amato più di tutti gli altri e che immortalò nella più importante delle sue stampe: Metamorphose[14].

M.C. Escher dettaglio di Metamorphose, 1939-1940





[1] F.H Bool, J.R. Kist J.L Locher MC Escher His Life and Complete Grafic Work p 19
[2] F.H Bool, J.R. Kist J.L Locher MC Escher His Life and Complete Grafic Work p 21
[3] A.H Luijdjjens, Incontri Romani con Escher in MC Escher, catalogo della mostra (Roma Istituto Nazionale per la Grafica) Roma 1978 pp 11-12. Luijdjjens era segretario di  Goedfridus Johannes Hoogewerf e frequentò le lezioni di Venturini insieme ad Escher.
[4] Francesca Pirani, Antichi maestri e ricerche d’avanguardia: le molteplici visioni di Escher in Italia, in F. Pirani, B Treffers (a cura di) Nell’occhio di Escher catalogo della mostra (Roma, Musei Capitolini, ottobre 2004- gennaio 2005) pp 29-49
[5] Francesca Pirani, Un olandese a Roma, Studi incontri, visioni di Escher tra il 1923 ed il 1035, catalogo per la mostra di Escher a Roma, Chiostro del Bramante 20 settembre 2014- 22 febbraio 2015.
[6] W. Hazeu, M.C. Escher Een Biografie, Baarn,1998
[7] In Marco Bussagli, Escher: paradossi grafici e memoria dall'arte, catalogo per la mostra di Escher a Roma, Chiostro del Bramante 20 settembre 2014- 22 febbraio 2015 sono menzionate altre due due opere con architetture impossibili anteriori alla Carceri di Piranesi: Papa Onorio IV concede l’abito bianco ai Carmelitani di Pietro Lorenzetti del 1329 e Gazza sulla Forca di Bruegel il Vecchio del 1568.
[8] Recensione riportata in J.Offerhaus, Escher e l’Italia, 1985 p 6
[9] Doris Schnattscheider, M.C.Escher Visions of Symmetrie.
[10] Sir Roger Penrose (Colchester, 8 agosto 1931) è un  matematico, fisico, cosmologo e filosofo britannico noto per il suo lavoro nel campo della fisica matematica. Nel 1958 pubblicò insieme al padre L.S. Penrose l’articolo Impossible objects: a special type of visual illusion in British Journal of Psychology. L’articolo presentava sia il triangolo impossibile che la scala usati in seguito da Escher.
[11] Harold Scott MacDonald Coxeter (Londra, 9 febbraio 1907 – Toronto, 31 marzo 2003 è stato un matematico inglese. Inglese di nascita, svolse la maggior parte della sua attività in Canada; il suo campo principale d’investigazione è stata la geometria. 
[12] Marco Bussagli, op cit. pag 17.
[13] Metamorphose fu realizzata in tre versioni.  Il paese di Ravello è presente in tutte e tre le versioni che differiscono per lunghezza e numero di trasformazioni geometriche e logiche. La prima lunga 90 cm fu realizzata nel 1937, la seconda lunga 389,5 cm nel 1939-1940 mentre la terza commissionata ad Escher nel 1967 per decorare l’ufficio postale dell’Aia è lunga 680 cm.

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