La fisica è il fondamento della filosofia epicurea. La constatazione che i fenomeni possono essere spiegati ricorrendo a una descrizione fisica dimostrava, secondo Epicuro, che si poteva fare a meno di concetti come l’anima o le divinità. Egli credeva che comprendendo i fenomeni della natura come conseguenza di leggi naturali, ci si poteva affrancare dalla paura degli dei e finalmente dalla paura della morte, riuscendo così a cogliere l’intimo piacere legato alle cose terrene.
La fisica di Epicuro ci è stata tramandata dalla lettera ad Erodoto:
“Prima di tutto nulla nasce dal nulla; perché qualsiasi cosa nascerebbe da qualsiasi cosa, senza alcun bisogno di semi generatori; e se ciò che scompare avesse fine nel nulla tutto sarebbe già distrutto, non esistendo più ciò in cui si è dissolto.”
[Epistula ad Herodotum 38,11]
Epicuro inizia la sua fisica con il principio di conservazione “nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma”.
Le moderne riformulazioni del Principio di Conservazione dell'Energia si sono avute nel 1842 (Mayer), 1843 (Joule), 1847 (Helmholtz), 1850 (Clausius). Le tesi sostenute erano talmente innovative che gli articoli di Mayer ed Helmholtz furono inizialmente rifiutati dalle riviste scientifiche dell'epoca.
Esse portarono alla formulazione del primo principio della termodinamica, che non è altro se non una generalizzazione del principio di conservazione dell'energia
Nella sua formulazione moderna il principio di conservazione dell’energia afferma che l'energia non può essere né creata, né distrutta, ma solo trasformata tra forme diverse. L'energia si presenta sotto moltissime forme, quali ad esempio l'energia meccanica (energia cinetica e potenziale ), il calore, l'energia chimica, energia nucleare, l'energia luminosa e quella acustica, che possono essere trasformate l'una nell'altra.
Dopo il 1905, anno in cui Albert Einstein pubblicò la teoria della relatività speciale dimostrando l'equivalenza tra massa ed energia, fu necessario includere anche la massa tra le forme d’energia contemplate dal principio di conservazione; pertanto tale principio è noto anche come principio di conservazione della massa-energia.
Il ragionamento d’Epicuro è semplice, basato sull’esperienza di non aver mai visto nascere alcunché senza “seme“. Nascendo nulla da nulla, nulla può finire nel nulla altrimenti, con il tempo, l’universo sarebbe composto di solo nulla.
Nella lettera ad Erodoto Epicuro si pone inoltre il problema dell’origine e della fine del tutto (pan)
“Il tutto sempre fu com’è ora, e sempre sarà, poiché nulla esiste in cui possa tramutarsi, né oltre il tutto non vi è nulla che penetrandovi possa produrre mutazione”
[Epistula ad Herodotum 39,2]
Epicuro applica al Tutto il ragionamento ontologico di Parmenide. Il Tutto è l’essere, il non essere non è, e quindi nulla è al di fuori del Tutto. Ne consegue l’impossibilità teorica di un inizio e di una fine e l’immutabilità del Tutto. Nella moderna cosmologia la teoria più accreditata è quella dell’universo finito in espansione che prevede la creazione dello spazio-tempo da un’esplosione iniziale (big bang) posta all’incirca 15 miliardi d’anni fa. Questa teoria di uno spazio in espansione è confermata da diverse prove sperimentali, la più importante delle quali è l’allontanamento delle galassie secondo la legge di Hubble (la velocità di fuga delle galassie è proporzionale alla loro distanza).
Alla domande cosa ci fosse prima del big bang, cosa ci sia fuori dell’universo (In che cosa si espande l’universo) i cosmologi rispondono che la domanda non ha senso, poiché la domanda cosa ci sia “prima” del tempo o “fuori” dallo spazio è una contraddizione in termini perché il concetto “prima” richiede il tempo, così come il concetto “dentro o “fuori” richiede lo spazio. I concetti “prima del tempo” e “fuori dello spazio” sono contraddittori. Il ragionamento è lo stesso che permetteva a Parmenide di affermare l’infinità dello spazio e l’infinità del tempo. Questa risposta non è però soddisfacente per un universo finito. Il fatto che l’universo della teoria del big bang sia finito (anche se illimitato) ed abbia un inizio giustifica la domanda di cosa esiste oltre.
Sempre la teoria dell’espansione dell’universo prevede l’espansione dello spazio all’interno di un’altra dimensione, addirittura una sua curvatura in un'altra dimensione. Il nostro universo è come una bolla che si sta gonfiando in un qualcosa d’altro che i nostri sensi non riescono a percepire. Anche questa dimensione, impercettibile ai comuni sensi, e che si rivelata all’umanità solamente dopo 2500 anni d’attenta osservazione della struttura dell’universo, è parte del Tutto, dal punto di vista ontologico è.
Quindi considerando il Tutto come l’insieme di tutto l’essere, il ragionamento di Parmenide resta coretto: il Tutto comprende tutto l’essere (anche le sue infinite dimensioni), il Tutto è infinito.
Epicuro nella sua lettera ad Erodoto continua:
“Ed inoltre il tutto è costituito da corpi e vuoto. Che i corpi esistano, infatti, lo attesta di sé in ogni occasione la sensazione in base alla quale bisogna, con la ragione, giudicare di ciò che sotto i sensi non cade, come abbiamo detto prima; se poi non esistesse ciò che noi chiamiamo vuoto o luogo o natura intattile, i corpi non avrebbero né dove stare né dove muoversi, come vediamo che si muovono.“
[Epistula ad Herodotum 39,6]
Epicuro formula qui l’ipotesi atomista di Democrito. Essa era in contrapposizione alla ipotesi di Parmenide di un “essere” statico, indivisibile ed eterno, che Epicuro accetta per il Tutto nel suo insieme ma non per i suoi elementi. La dottrina atomista prendeva lo spunto proprio dalle considerazione della scuola d’Elea e dalle conclusioni della loro dottrina in così netto contrasto con l’esperienza. Infatti, Democrito aveva negato il moto ed il suo scolaro Zenone con i famosi paradossi ne aveva messo in luce le contraddizioni. Ma Democrito, cosi come Epicuro, non riusciva a sopprimere la sensazione empirica del moto. Il loro assioma era: “Il moto è” simile al “panta rei” (tutto scorre) di Eraclito.
Ma partiamo dall’elenco razionalista di Parmenide:
Il nulla, il non essere, non può essere
Il non essere é il vuoto.
Il movimento è impossibile.
Questa conclusione è confutata dall’esperienza quindi considerando a ritroso le conseguenze all’elenco parmenideo si arriva a concludere: il vuoto è, senza il vuoto il movimento è impossibile, ma il movimento esiste e quindi anche il vuoto esiste. E con il vuoto esiste anche la materia. Questa é formata da atomi, unita indivisibili, entità minimo comune denominatore della materia. Ogni forma di materia alla fine di un processo di divisione deve arrivare ad essere formata da un solo tipo di essenza che insieme al vuoto sono le sole cose che “sono”. Come interagiscono questi atomi ? quale sono le minime proprietà che permettono di spiegare la complessità del mondo ?
Nella Lettera ad Erodoto Epicuro parlando degli Atomi dice:
"Gli atomi hanno moto continuo ed eterno (i loro moti sono equiveloci perché il vuoto lascia passare sia i più leggeri che i più pesanti)"
[Epistula ad Herodotum 43,4]
Il suo pensiero e confermato nel frammento:
"e assolutamente equiveloci sono gli atomi... per il fatto di muoversi in una sola direzione"
[Deperditorum librorum reliquiae 37]
Ipotesi epicurea per cui gli atomi hanno, nel vuoto, tutti la stessa velocità indipendentemente dalla loro massa fa pensare ad Epicuro come ad un precursore di Galileo, ma la caratteristica del moto rettilineo può anche essere vista come una anticipazione della teoria della relatività così rivela la sua semplicità. Infatti secondo la teoria della relatività generale i corpi soggetti alla gravitazione percorrono traiettorie rettilinee in uno spazio pluridimensionale deformato dalle masse . Ma la equivelocità degli atomi implica anche le trasformazioni di Lorenz (le trasformazioni che legano lo spazio al tempo nella teoria della relatività ristretta). Esse altro non sono che una metrica dello spazio-tempo che permette a tutti i corpi di seguire traiettorie rettilinee a velocità costante, quella della luce. Per ogni corpo in movimento lo spazio si riduce ed il tempo si contrae all'aumentare della velocità relativa (l'effetto, sempre presente, si fa misurabile solo ad velocità molto alte vicine alla velocità della luce) in modo che la traiettoria nello spazio-tempo sia sempre rettilinea ed equiveloce (isotachos).
Un corpo fermo nello spazio si muove quindi alla velocità della luce lungo la coordinata temporale. Un corpo che si muove nello spazio riduce in proporzione il suo moto lungo la coordinata temporale (il tempo scorre più lentamente) in modo che la risultante spazio-temporale sia costante. Questo ragionamento aveva fatto formulare nel 1911 ad Albert Einstein il famoso "paradosso dei gemelli" Questo rende ancora più grande l'ipotesi del atomismo democriteo nella interpretazione di Epicuro. Infatti più semplice sono gli assiomi di una teoria che riesce a spiegare la complessità del mondo, più questa deve essere vicina alla effettiva essenza della struttura del cosmo.
Questa considerazione è supportata dal principio di semplicità o rasoio di Occam
"entia non sunt multiplicanda praeter necessitatem, frustra fit per plura quod fieri potest per pauciora "
Il dualismo (materia-energia) ed (spazio-tempo), la loro interdipendenza attraverso un principio di conservazione. Nel caso del dualismo (materia-energia) interdipendenza è legata alla conservazione della quantità totale di “essere” (materia-energia), mentre nel caso del dualismo (spazio-tempo) la interdipendenza è legata alla conservazione della quantità totale di “divenire” rendendo interdipendenti il moto nello spazio ed il moto nel tempo La conseguente ipotesi atomistica con il moto costante ed rettilineo degli atomi perturbato unicamente dal "clinamen", la “deviazione” degli atomi casuale che Epicuro introduce per rende imprevedibile il futuro sono il le ipotesi fondamentali di una "fisica" che coglie nella sua natura più intima la struttura del nostro cosmo.