Παν είναι αριθμός, ”tutto è numero” era il motto dei Pitagorici. E per numeri si intendevano quelli interi, i numeri naturali, quelli che servono per contare, per mettere in ordine.

Disintossicato dal Continuo e dall'Infinito, lasciatemi alle spalle le teorie di Cantor e la filosofia di Parmenide, voglio assaporare il Discreto, godere del Finito. Voglio elencare, numerare, mettere in ordine.

E mettere le cose in rapporto con i numeri finalmente mi da pace.

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martedì 3 novembre 2009

Riempiere il vuoto




Figura 1
Nel 1957 Maurits Cornelis Escher ricevette dalla casa editrice De Roos Foundation l’incarico di scrivere un saggio sulla divisione regolare di un piano. Ai conoscitori della sua opera non erano sfuggiti i molti lavori che l’artista olandese aveva dedicato a questo ordine di problemi; Escher stesso, per parte sua, trovò occasione con quell’incarico di sistemare teoricamente tutta una serie di intuizioni e conoscenze che aveva accumulato nel suo lavoro di grafico. Il risultato di quella ricerca è un lungo articolo corredato da una serie di 6 incisioni. Nell’affrontare il problema, Escher parte dalla sua esperienza di illustratore notando: “un piano che sia considerato illimitato su tutti i lati, può essere riempito con, o diviso in, figure geometriche simili che confinano l’una con l’altra su tutti i lati senza lasciare spazi vuoti”. Torneremo a parlare di questi spazi vuoti; per intanto occorre notare che, già prima di concepire quel saggio, l’incisore olandese aveva sviluppato ben 130 tavole con esempi di figure regolari capaci di riempire una superficie – tutte riconducibili a figure geometriche regolari accostate secondo schemi che si ripetevano. Escher aveva avuto modo di raccogliere esempi e modelli durante una visita all’Alhambra di Granada, che accoglie un ricco repertorio di tali figure geometriche: gli artisti arabi, infatti, dovevano limitarsi ad esse nel decorare le superfici, dato che la loro religione proibisce le raffigurazioni realistiche (fig. 1). 
Figura 2
Tuttavia l’interesse per la divisibilità regolare (o periodica) dello spazio è decisamente più antico: i primi tentativi risalgono addirittura all’epoca degli antichi egizi, come testimoniano gli affreschi trovati nelle tombe della Valle dei Re. Il primo ad eseguire tassellazioni del piano usando figure non geometriche fu l’artista viennese Koloman Moser1, uno dei fondatori della Secessione viennese che svolse gran parte della sua raffinata attività nel campo delle arti applicate, dedicandosi in particolar modo alla realizzazione di stoffe, vetrate e manifesti, creando altresì tassellature con elementi figurativi che rappresentavano oggetti animati (fig. 2).
Le diverse possibilità di riempire il piano e lo spazio con figure uguali era stato campo d'interesse dei cristallografi che, nel tentativo di classificare le strutture cristalline, si erano  chiesti in quanti diversi modi il piano o lo spazio potesse essere riempito con la stessa figura. Il problema specifico dalla tassellatura del piano venne affrontato dai cristallografi  Fedorov, Schoenflies e Barlow nel 1891:, essi applicarono le tecniche della teoria dei gruppi algebrici elaborata nel 1832 dal giovane matematico francese Evariste Galois2 alle trasformazioni che si possono applicare alle figure del piano. Essi considerarono il caso delle trasformazioni isometriche che lasciano inalterata la forma e le dimensioni delle figure e che possono essere raggruppate in tre categorie: traslazione, rotazione, riflessione3
Figura 3
Dimostrarono quindi che, nel caso  isometrie del piano, le possibilità di riempire una superficie piana con figure regolari sono in tutto 17 (tali figure sono chiamate anche wallpaper groups (fig. 3)). Anche Escher aveva notato che il piano poteva essere riempito con la stessa figura ed aveva iniziato a formulare una propria metodologia di classificazione (vedi Doris Schattenschneider Visioni della Simmetria I disegni periodici di M.C. Escher Zanichelli 1992) riscoprendo per via grafica che erano diciassette i diversi modi in cui figure uguali potevano, giustapponendole senza lasciare spazi vuoti, riempire il piano. Egli era anche a conoscenza di un articolo di Pólya del 1924, inviatogli da suo fratellastro Beer Escher. (professore un geologia all' Università di Leida), in cui le 17 possibilità erano state riscoperte e illustrate. Escher aveva  poi spinto oltre la sua indagine considerando anche il colore come elemento distintivo (tasselli adiacenti non potevano condividere lo stesso colore); catalogò in un suo originale schema le diverse possibilità sviluppando una vera e propria teoria .
È il caso di mettere in evidenza un punto che ritegno fondamentale. Esso consiste nel fatto che il numero dei modi con i quali si può, usando una figura base, riempire il piano senza lasciare spazi vuoti applicando la traslazione la rotazione e la riflessione è appunto limitato: 17 nel caso di tasselli uniformi e 46 nel caso di tasselli a due colori. Tra l’altro, anche il numero delle possibili tassellazioni dello spazio con solidi soggetti ad isometrie è limitato, sia pure con un ventaglio assai maggiore di possibilità: 230, per la precisione. Anche ciò fu dimostrato dal cristallografo Evgraf S. Fedorov nel 1890. Il problema della suddivisione degli spazi generalizzati a n dimensioni era stato posto da David Hilbert durante il famoso secondo congresso mondiale della matematica tenutosi a Parigi nel 1900. In quell'occasione, Hilbert enunciò 23 problemi4 allora irrisolti, alle cui soluzioni si adoperarono intere generazioni di studiosi e che hanno poi scandito la storia della matematica moderna. Nel 1920 Ludwig Bieberbach dimostrò che per tutti gli spazi a qualunque dimensione la suddivisione regolare mediante trasformazioni isometriche è limitata oppure, secondo il linguaggio dei matematici, che il numero dei gruppi spaziali per qualsiasi dimensione è limitato5.

Queste conclusioni sono sorprendenti. Esse ci dicono che quella realtà che chiamiamo spazio è colmabile con forme uguali, o divisibile in elementi primordiali, non a piacere, ma solo partendo da determinate forme. Lo spazio insomma sembra esso stesso soggetto ad una legge che governa la sua struttura.
E’ il momento di tornare ora su quegli spazi vuoti, che Escher aveva lucidamente riconosciuto come l’essenza del compito che gli era stato dato. Ricordiamo: figure regolari possono riempire una superficie senza lasciare spazi vuoti. Questo compito fa tornare in mente uno dei testi più importanti della filosofia e della cultura occidentale, il trattato Della Natura di Parmenide di Elea6. Il passo che ci interessa è quello dove Parmenide scrive: “... l’essere all’essere è accosto”. : sentenza di non facile interpretazione, che ha fornito materia di discussione a generazioni di filosofi.
Di null’altro si occupa Parmenide che dell’essere, cioè di cosa il mondo sia e di come esso sia. I nostri sensi ci dicono che il mondo è uno spazio dove si alternano corpi e vuoti. La prova più evidente di ciò è il movimento, del quale tutti facciamo esperienza seguendo ad esempio un corpo che occupa porzioni successive di spazio attraversando il vuoto. Ma i sensi e l’esperienza, secondo Parmenide, non rivelano la verità; solo la ragione, procedendo per deduzioni, può condurci a quella meta. Parmenide era stato certamente a contatto con la scuola pitagorica probabilmente quale discepolo del pitagorico Aminia. 
Pitagora fu il primo filosofo a distinguere tra la realtà rilevata dall'apparenza da quella rivelata dalla ragione: convinto che ogni grandezza potesse essere espressa in forma numerica come rapporto tra numeri, da lui considerati l'archè di tutte le cose. Nel tentativo di trovare il rapporto tra il lato e la diagonale di un quadrato  si imbattè in un risultato inaspettato che andava contro il senso comune: trovò infatti che non era possibile esprimere il rapporto tra queste due grandezza,  il lato e la diagonale di un quadrato, attraverso il rapporto tra due numeri interi. In altre parole, comunque si suddivida in parti uguali sia la diagonale che il lato di un  quadrato, non si giungerà mai ad un segmento di lunghezza definita in modo tale che sia la diagonale che il lato ne rappresentino dei multipli interi. Pitagora aveva dimostrato l' incommensurabilità della diagonale del quadrato rispetto al lato6. Questa scoperta andava, oltre che contro il senso comune, sopratutto contro la sua stessa opinione che ogni cosa fosse esprimibile come rapporto di numeri interi. Per non fare crollare la certezza della corrispondenza tra il mondo dell'apparenza ed il mondo della ragione, confinò la scoperta all'interno della sua scuola. Ma fu partendo proprio dalla considerazione che questi due mondi non necessariamente dovevano coincidere che Parmenide sviluppò i suoi ragionamenti. Il principio della filosofia di Parmenide che partiva da una semplice affermazione: L’essere è, il non essere non è si sviluppa secondo un ragionamento che possiamo così riassumere (riprendendo l’elenchus proposto da Karl Popper7):


i)  se il non essere non è, ciò comporta che

ii)  il nulla non può esistere. Se il nulla non esiste, ciò
comporta che

iii)  il vuoto non esiste. Se il vuoto non esiste, ciò comporta
che

iv)  il mondo è pieno. Se il mondo è pieno, ciò comporta che

v)  non vi è spazio per il movimento e per il mutamento (considerato una forma di movimento). La conclusione è che 

vi)  il movimento e il mutamento sono impossibili. 



I fenomeni percepiti attraverso i nostri sensi, nella rivoluzionaria visione di Parmenide, sono apparenze ingannevoli. Il mondo è uno spazio pieno, unitario, immobile, senza tempo. 
Figura 4
È ora evidente a quale lido approda questo excursus nell’ontologia parmenidea. “L’essere all’essere è accosto”; ovvero, come abbiamo visto nella proposizione iv) il mondo è pieno. Riempire una superficie (o un volume) con forme regolari senza lasciare spazi vuoti è la missione di Escher (fig. 4). 
Parmenide illustrato da Escher, dunque? La risposta non è così semplice. Diciamo piuttosto che il filosofo e l’artista affrontano la stessa sfida: il primo con la ragione, deducendo il mondo da un assunto a priori; il secondo con le figure geometriche, studiando le loro combinazioni. “Scienza e arte, percepite per lo più come attività e linguaggi differenti dell’uomo, indagano spesso sugli stessi oggetti e hanno forme di rappresentazione comuni”, come nota il matematico Piergiorgio Odifreddi (cfr. Penna, pennello e bacchetta – Le tre invidie del matematico, Laterza, Bari, 2005). 
La scuola filosofica di Elea, una volta affermato il dualismo tra apparenza e verità, aveva proseguito alla ricerca di ulteriori contraddizioni tra la δοξα (l'apparenza) e la αλεθεια (la ragione) trovando ulteriori paradossi (παρα δοξα = contro l'apparenza). In particolar modo Zenone, discepolo di Parmenide, aveva formulato diversi paradossi che evidenziavano l'illusorietà del movimento.  Tra essi il più noto,  legato alla suddivisione all'infinito dello spazio, è quello della freccia che non raggiunge mai il bersaglio: infatti la freccia, prima di raggiungere il bersaglio, deve percorrere metà della strada e quindi la metà della metà e poi la metà del rimanente percorso in una regressione all'infinto per cui alla fine non raggiungerà mai il bersaglio.  In seguito, proprio nel tentativo di risolvere i paradossi generati dalla suddivisione all'infinito, Leucippo e Democrito (anch'essi filosofi della tradizione eleatica) introdussero il concetto di atomo (a-tomo dal greco τομος taglio, divisione, con l’aggiunta del-l’ α privativo) quale elemento primordiale indivisibile che compone il mondo.

Supposto il mondo pieno, sorge quindi spontanea la domanda come siano e come siano disposti gli atomi8 che lo compongono. Ora, come già è stato osservato, i modi attraverso i quali  elementi uguali riempiono il piano (ma anche lo spazio) senza lasciare vuoti sono limitati e la rappresentazione delle limitate possibilità è magistralmente raffigurata nelle tassellazioni di M.C. Escher. E' quindi affascinante ritenere che le tassellature di Escher rispecchino in qualche modo l’essenza stessa dello spazio e del tempo. 
Questa suggestione si rafforza al pensiero che la moderna fisica delle particelle, che si pone in chiave moderna il problema della ricerca dell'atomo (nel senso di Leucippo e Democrito) usa, nel ricercare gli elementi costituenti la materia, lo stesso formalismo algebrico usato dai cristallografi per dimostrare la finitezza del wallpaper group. La ricerca di elementi che mantengono le loro proprietà alla presenza di trasformazioni sono alla base della moderna fisica teorica.9 
Figura 5
Ma la suggestione continua considerando le trasfor-mazioni di spazi tassellati, cioè quelle costruzioni che Escher chiamava metamorfosi, illustrate magistralmente in lavori come Verbum (fig. 5), oppure negli assoluti capolavori escheriani Metamorfosi II e Metamorfosi III, che suggeriscono mondi pieni, parmenidei, senza vuoti, ma in continua trasformazione. 
Questo modo di vedere il cambiamento come continuo passaggio tra mondi pieni, da una tassellatura all’altra, suggerisce una possibile soluzione della rappresentazione del tempo come ulteriore coordinata spaziale, così come esso viene considerato dalla teoria della relatività di Albert Einstein. Qui lo spazio-tempo è visto come un continuo ed il tempo è considerato come una ulteriore dimensione che si aggiunge alle tre dimensioni spaziali (alto-basso, destra-sinistra, avanti-indietro). Un punto quindi non si muove nello spazio ma rappresenta una traiettoria nello spazio-tempo: è come se ogni istante fosse già presente su di una pellicola cinematografica tridimensionale. In questo continuo spaziotemporale atomi quadridimensionali potrebbero riempire  il tutto senza lasciare spazi vuoti e senza ostacolare il movimento, risolvendo in modo definitivo il paradosso del moto di Parmenide. Questa interpretazione piaceva allo stesso Albert Einstein che, almeno in questo senso, arrivò a definirsi parmenideo. L’occasione gliela offrì un colloquio con Karl Popper, il quale aveva prospettato a Einstein questa idea, ossia: “che il mondo fosse un universo chiuso a quattro dimensioni, nel quale il cambiamento era un’illusione umana, o qualcosa di molto simile”. Ricorda Popper: “Egli era d’accordo che questa fosse la sua opinione e discutendo di ciò io lo chiamai Parmenide”.10 
            
Figura 6
Fino al 1972, anno della sua morte, Escher produsse una serie di lavori stupefacenti basati sulla tassellazione del piano e dello spazio, esplorando 16 dei 17 gruppi di simmetrie. 
Le figure da lui sviluppate su questa linea di ricerca combinano elementi contrapposti come il giorno e la notte (fig. 6), l’acqua e l’aria, il bene ed il male, raffigurati come atomi che compongono senza lasciare spazi vuoti il nostro mondo. Essi illustrano in maniera suggestiva la costrizione del determinismo e la conseguente negazione del movimento (fig. 7).
Figura 7
         
1 Koloman Moser (1869 – 1918) curava la rivista della Secessione viennese Ver Sacrum. In più riprese pubblicò sulla rivista tassellature periodiche basate su figure che rappresentavano elementi naturali destinati ad essere usati come decori per carta da parati.

2 Evariste Galois (1811- 1832) ragazzo prodigio e geniale matematico, di carattere focoso venne espulso dall’Ecole Normale e poi due volte arrestato per le sua attiva militanza politica repubblicana. Morì durante un duello. Avendo intuito che sarebbe morto durante quel duello, passò tutta la notte precedente a cercare di sistemare i suoi lavori matematici, infatti vi sono delle annotazioni in cui afferma che gli manca il tempo per un’esposizione più completa e chiara. In quella notte completò la teoria algebrica dei gruppi, definendo i gruppi di permutazioni che descrivono le radici di un dato polinomio.

3 In termini più matematici, si chiama «isometria» una combinazione di traslazioni lungo una retta (verticale o orizzontale), rotazioni attorno a un punto (ad esempio, si passa da `b' a `p' mediante una rotazione di 180°, e riflessioni rispetto ad una retta (ad esempio, si passa da `b' a `d' mediante una riflessione rispetto ad una retta verticale, e da `b' a `p' mediante una riflessione rispetto ad una retta orizzontale).  Una tassellazione è isoedrica se dati due qualunque tasselli esiste una isometria che sposta localmente uno dei due tasselli nell'altro, ma lascia globalmente invariata la tassellazione.

4 La questione fu posta da Hilbert nella prima parte del 18mo problema: esiste per qualsiasi spazio pluridimensionale un numero finito di gruppi basati su trasformazioni isomorfe che riempiono senza vuoti lo spazio. Nella seconda parte del 18mo problema Hilbert si domandava quale fosse la migliore disposizione di sfere per riempire lo spazio minimizzando lo spazio vuoto. Questo problema apparentemente banale è risultato particolarmente ostico e solo nel 1998 è stato dimostrato da Tomas Hales con una tecnica che prevede l’uso del calcolatore che a tutt’oggi si trova ancora al vaglio della comunità matematica.

5 Il numero di gruppi di simmetria in uno spazio a quattro dimensioni ammonta a 4783.

6 Parmenide è un filosofo presocratico di Elea, colonia greca situata sulla costa della Campania a sud di Paestum. Secondo la testimonianza di Platone, Parmenide nacque tra il 515 e il 510 a.C.; secondo la cronologia di Apollodoro accettata da Diogene Laerzio nacque intorno al 540 a.C. Discepolo della scuola pitagorica, è considerato il fondatore della scuola di Elea che annoverò tra i suoi discepoli Zenone. Il suo pensiero è esposto in un poema didascalico in versi che la tradizione ha intitolato Intorno alla Natura.

7 Karl R. Popper (1902 - 1994), epistemologo viennese considerato uno dei più influenti filosofi della scienza del Novecento. L’elenchus è tratto dal articolo di Popper Come la luna può rischiarare le due vie di Parmenide tratto da Il Mondo di Parmenide (2001) .

8 L'atomo, nella concezione della fisica moderna venne introdotto nel 1808 da John Dalton che lo chiamò così perché inizialmente era considerato l'unita più piccola ed indivisibile della materia è la più piccola parte di ogni elemento esistente in natura che ne conserva le caratteristiche chimiche. Verso la fine dell'Ottocento (con la scoperta dell'elettrone) fu dimostrato che l'atomo non era indivisibile, bensì a sua volta composto da particelle più piccole (alle quali ci si riferisce con il termine "subatomiche"). 

9 Il Modello Standard della fisica delle particelle è una teoria che descrive insieme tre delle quattro forze fondamentali, cioè l’interazione nucleare forte, l’elettromagnetismo e l’interazione nucleare debole (queste ultime due unificate nell’interazione elettrodebole), nonché la funzione e le proprietà di tutte le particelle (note ed osservate) che costituiscono la materia. Si tratta di una teoria di campo quantistica, coerente sia con la meccanica quantistica che con la relatività speciale, basata sulla teoria dei gruppi. Il comportamento delle particelle può essere descritto complessivamente in modo generale ed esatto usando un gruppo unitario chiamato gruppo di Gauge. Il gruppo di Gauge dell’interazione forte è chiamato SU(3), mentre quello dell’interazione elettrodebole è chiamato SU(2)×U(1): perciò il modello Standard è noto anche come SU(3)×SU(2)×U(1). I gravitoni, cioè le particelle che si pensa debbano mediare l’interazione gravitazionale, non sono ancora considerati nel Modello Standard il gruppo che comprende anche la loro presenza e chiamato SU(5) o la teoria del tutto è ancora in attesa di essere convalidato ed accettato dalla comunità dei fisici.

10 cfr. K. Popper, La ricerca non ha fine. Autobiografia intellettuale, p. 133